Vincent Van Gogh – Oltre l’apparenza

Vincent Van Gogh nasce in Olanda il 30 marzo del 1853 ma non parlerò della sua vita tormentata conclusasi a soli 37 anni con un suicidio.ma entrerò nell’animo di questo artista esplorando tre suoi dipinti.  La pittura di Van Gogh è un'arte che va oltre l’apparenza delle cose, ma bensì, ne scandaglia le profondità celate. Lo condusse in questa sua espressione e ricerca proprio la sua inquietudine che espresse sulla tela, deformando la realtà guardata attraverso la lente della sua agitazione interiore. Nei suoi dipinti, Van Gogh non si limita a ritrarre il paesaggio: egli cerca di catturare l'essenza stessa della vita, quell'energia cosmica che anima ogni essere vivente.

E' il 1889 quando Vincent Van Gogh dipinge una delle sue opere più straordinarie, intitolata "Notte stellata", che è la raffigurazione di un paesaggio visto dalla stanza dell’istituto di salute mentale a Saint-Remy, dove il pittore fu ricoverato a causa della sua malattia e della sua amputazione all’orecchio ma va detto che il dipinto non è tuttavia una fedele trasposizione di quanto visto da Vincent Van Gogh, ma una sua idealizzazione ed interiorizzazione. La composizione è estremamente semplice: il cielo occupa i due terzi della superficie della tela, mentre la fascia inferiore è occupata da un borgo abitato e, alle sue spalle, un paesaggio collinare. Il cipresso che si erge sulla sinistra rappresenta uno degli elementi chiave del dipinto: con le sue forme ondulate, simili a fiamme, varia la semplicità della composizione collegando idealmente terra e cielo; inoltre la sua sagoma scura e fluttuante in primo piano accentua la profondità dello spazio.

La notte stellata è la reazione di meraviglia che nasce in Van Gogh nell’ammirare dalla finestra della sua stanza la stella del mattino poco prima del sorgere del sole. Van Gogh nei confronti della notte diceva che era: “molto più viva e colorata del giorno”.
Questo cielo pieno di vortici, turbinii e incredibili stelle infuocate con una luna grande e falciata in cui tutto sembra essere coinvolto da un tumulto senza fine, è in realtà il suo cielo interiore. E’ un dipinto di una profonda bellezza poetica in cui si avverte il confronto fra l’uomo e l’infinito intriso della malinconica solitudine di Vincent e delle paure che attanagliano il suo cuore tormentato

E’ indubbio che attraverso questa rappresentazione ha proiettato la propria tensione psichica il suo anelito verso una conoscenza di sé e di ritrovarvi “ritrovandosi” in quella pace interiore in cui finalmente placare il suo animo.


Van Gogh ha sempre avuto un forte legame con la natura che lo ha sempre ispirato, nel periodo trascorso in Provenza rimane soggiogato dagli ulivi vedendo in loro simboli viventi dell’energia divina che pervade tutta la natura vera manifestazione della forza spirituale. Nel pitturare questi alberi, simboli di forza di tenacia e amore, riesce a trasfondere con le sue pennellate la loro potenza spirituale, l’essenza della vita e l’energia cosmica che li pervade. Gli ulivi vengono da lui celebrati come esseri capaci di resistere alle intemperie e alle avversità testimoni della perpetua rinascita della natura. Van Gogh così ci mostra e ci indica di guardare oltre l’apparenza e a sentire profondamente l’energia di vita che pulsa nella natura. I suoi uliveti sono oasi di quiete dove potersi sentire sicuri ove la presenza di Dio è semplicemente rivelata dalla bellezza della natura con gli ulivi unici protagonisti. I suoi dipinti di raccoglitori di olive illustrano il rapporto tra uomo e natura mostrando uno dei cicli di vita, vita o morte. Esempio di come gli individui, attraverso la loro interazione con la natura, possono connettersi con la divinità.

E per concludere diamo uno sguardo ad un altro soggetto amato da Vincent i girasoli: una passione tradotta in ben undici dipinti tra il 1887 e il 1889. Una scelta che al tempo appariva inusuale, poiché il girasole era considerato dai suoi contemporanei un fiore rozzo, poco elegante. Proprio per questo, invece, per Vincent era interessante e meritava di essere dipinto. Anche perché il girasole è simbolo di gioia, gratitudine e fedeltà: parole che avevano un posto importante nel vocabolario del pittore. In quella creatura gialla, dalla grande corolla, van Gogh rivedeva se stesso, sempre proteso alla ricerca della felicità come il fiore alla ricerca del sole. Una fascinazione che si lega alla predilezione per i girasoli, da lui ritenuti in grado di dare conforto anche ai cuori più turbati, come il suo. Inoltre, secondo la letteratura olandese, questo fiore era l’emblema della fedeltà e della gratitudine: valori che van Gogh ha costantemente ricercato e che voleva trasmettere con i suoi girasoli. Lo conferma una lettera inviata nel febbraio del 1890 al critico Albert Aurier, in cui suggeriva che le due opere che sarebbero state esposte a Bruxelles (oggi ospitate a Monaco e Londra) avrebbero dovuto esprimere proprio “l’idea di gratitudine”. E saranno i girasoli a ricoprire la bara di Van Gogh...

Van Gogh aveva sempre cercato di conoscere se stesso, di chiarire le cose che turbavano la sua anima, le passioni incontrollabili che lo assalivano e ci ha lasciato questo patrimonio di opere di una magnificenza incredibile perché sorte dal suo animo, dal suo sentire affinché la sua ricerca verso il divino attraverso sofferenza e follia possa stimolare in chi le guarda non solo domande ma anche risposte, un testamento di una ricchezza profonda che se viene vissuto entrando nelle sue opere, vivendone le emozioni, percorrendo un viaggio in esse troverete sicuramente dei messaggi che vi riguardano.

Eliana de Rienzo dei 7



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