Lo Zen

Lo zen è una filosofia viva, meglio ancora un atteggiamento verso la vita e, nello stesso tempo una via verso l’autorealizzazione. Non può essere racchiuso in una definizione, così come un fiume non può essere racchiuso in un bicchiere. Come un fiume è la vita stessa e la sua verità va cercata e trovata; essa può essere scoperta solo nel fluire della vita quotidiana, in noi stessi che fluiamo e in ogni altro essere che, con noi e come noi, scorre nel grande fiume della vita.

Lo zen spesso è difficile da comprendere proprio perché è troppo ovvio: no sapendo quanto sia vicina la verità, gli uomini la cercano lontano, simili, dicono i maestri zen, a chi nuota nell’acqua e, avendo sete chiede da bere.

Attraverso le Attraverso l’esperienza e i suoi maestri, lo zen tende a rompere quelle barriere che ci separano dal nostro vero essere, dalla nostra vera realtà, il nostro vero sé, che costringono l’umanità a vivere inconsapevolmente la sua vera natura e il suo posto nell’universo. Che condizionano gli esseri umani attraverso le preoccupazioni quotidiane, i pensieri che li assorbono e li coinvolgono in una realtà non vera, non reale, virtuale, in cui, lacerati da due poli di un apparente dualismo, sempre inconciliabile, soffrono e s’incatenano a esso pe numerose vite. Sembrano vivere, credono di vivere, ma dormono.

Lo sen, al contrario, tende ad andare oltre il dualismo riconoscendo l’unità che vi si cela: aiuta il discepolo a superarlo attraverso le sue tecniche, (spesso difficili da accettare dagli occidentali) e a riconoscere, da solo, l’unità e, soprattutto a realizzarla.

Lo zen, anche se può sembrare il contrario, non cerca nessuna astrazione dalla vita sensibile. Sostiene che l’essere umano è divino. La buddhità è in ogni uomo: il divino si rivela in ognuno dei più piccoli esseri dell’universo in quanto la buddithà è sempre e continuamente manifesta. Non esiste realtà soltanto trascendente: la buddithà si esprime nella realtà di ogni giorno. L’immanenza è in ogni essere e in ogni circostanza della vita.

La vita va compresa e assimilata, camminando con lei e in lei, mantenendo il suo passo, accettando senza riserve il suo eterno mutare, le sue magiche trasformazioni, anche quelle che avvengono in e attraverso noi.

Comprendere che, in ogni aspetto della vita, vi è la divinità che si esprime in ogni atto, anche quando si mangia o si svolge qualsiasi attività della realtà quotidiana.

Per l’uomo zen cha ha percepito il satori (1) –e si tratta sempre di un innamorato della bellezza, un artista- la vita naturale è la giusta vita dello zen, perché compenetrata di budditha, di vuoto; è quella vissuta in armonia con se stessi, con l’ambiente, con il prossimo, con le stagioni, con lo scorrere di tutta la vita è rendere tutto armonioso, bello e perfetto attorno a sé; la vita che, in ogni attimo, è eterna perché ogni attimo la contiene, in  essenza, tutta: il punto in un cerchio per tutti i suoi punti; tutto il tempo e tutto l’universo.

La meta è la vita stessa; la sua percezione e realizzazione è vivere la vita e non gli atti, i fatti, gli avvenimenti. È la scoperta della divinità implicita, della sacralità di ogni singolo attimo della nostra importantissima vita.

“Ognuno deve vivere ogni suo momento con l’intensità con cui vivrebbe se fosse il primo attimo del nascere o l’ultimo istante del morire. Per ogni uomo, il primo e l’ultimo istante sono uguali a ogni istante della vita che scorre”.

Ecco perché la vita intera è eterna in ogni attimo e perché ogni attimo la contiene, in essenza, tutta.

(1)        Satori: nella pratica del Buddismo Zen indica l'esperienza del risveglio inteso in senso spirituale, nel quale non ci sarebbe più alcuna differenza tra colui che "conosce, o capisce" e l'oggetto del conoscere, del capire.

Articolo di Fulvio Alteriani

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