Il Viandante sul mare di nebbia analisi di Manuela Masciadri
Il Viandante sul mare di nebbia siamo noi. I capelli mossi dall’aria che ci tiene in vita ma che, allo stesso tempo, ci consuma. Il bastone che scegliamo come supporto per percorrere il nostro viaggio. Un bastone di amore, stabilità, di persone che ci fanno del bene, di saggezza appresa dalle lezioni che abbiamo imparato e delle cose buone che abbiamo fatto per gli altri. Come il bastone dell’Eremita (l’Arcano VIIII dei Tarocchi), è il sostegno sicuro del nostro viaggio nella ricerca della nostra identità, la nostra coscienza, il nostro spirito critico, la nostra capacità di metterci in discussione e accettare la crisi come trasformazione, abbracciando la solitudine come strumento di auto-conoscenza.
Oppure può essere il bastone del Matto, l’eterno viaggiatore, l’unico Arcano dei Tarocchi senza numero, senza un posto fisso nel mondo, caratterizzato da una potente energia vitale, che può trasformarsi in un’esplosione di vita e di libertà assoluta, così come in un eterno vagare solitario senza meta.Anche il bastone del Matto ha un punto d’appoggio a terra. Dobbiamo però prestare attenzione a non usarlo come perno per ruotare sterilmente intorno a noi stessi, intrappolati nelle nostre limitazioni mentali, senza andare da nessuna parte, senza progredire. Questo accadrebbe qualora scegliessimo di vivere una vita vuota e superficiale, senza alcuna meta.
Il Viandante sul mare di nebbia ha una postura eretta, elegante, solida e fiera. Fiera di chi è, di quello che sceglie di essere, affrontando la paura con coraggio, il dubbio con la scelta e la cattiveria (che “è sempre una malattia”, Seneca) con l’arte e l’amor proprio. Il Viandante sul mare di nebbia vaga per la vita preferendo le strade non battute, ricercando esperienze ed emozioni sublimi. Sceglie in quali scorci fermarsi per riposare e in quali incroci rallentare per riflettere, senza fretta ma con costanza (festina lente); senza ansia ma con la consapevolezza che il suo cammino non è una gara, la competizione non esiste se non con se stesso, perché il suo percorso DEVE essere unico. E più capirà che seguire la massa è apparentemente comodo ma profondamente castrante e frustrante, più sceglierà di non essere schiavo delle aspettative altrui, ma di capire cosa rende lui stesso felice davvero.
Possiamo scegliere di vagare come un turista, osservando il mondo con il filtro del distacco, senza provare compassione né empatia. Possiamo passeggiare in solitaria come ci racconta Rousseau: “Sono dunque solo sulla terra, senza fratelli, né parenti, né amici, né altra compagnia che me stesso. (…) Ma io, separato da loro, che sono io? Questo debbo ancora cercare”. J. J. Rousseau, Le Fantasticherie del passeggiatore solitario, 1782.
Possiamo anche vagare come un flâneur baudelairiano, senza fretta, osservando cosa accade intorno a noi, provando emozioni per quello che vediamo e nel quale ci immedesimiamo.
Quando dovremo lasciare andare il nostro bastone alla fine del cammino, non sarà più appagante la sensazione di aver vissuto una vita piena e conforme alla nostra personalità, piuttosto che un’esistenza sprecata a compiacere gli altri?
Il Viandante sul mare di nebbia non ci dà le spalle: con la forza della sua postura evocativa, guardando dritto davanti a lui, ci mostra la visione che dobbiamo avere sul mondo, chiedendoci di immedesimarci in lui.
Prendendo in considerazione le infinite possibilità che ci offre la vita, dobbiamo seguire il nostro intelletto e il nostro cuore per scegliere quelle che sentiamo più affini a noi. E se sbagliamo, meglio: avremo imparato una lezione che rende il nostro bastone più solido per continuare il viaggio.
Non commette errori solo chi non si mette in gioco, commettendo in realtà il più grande di tutti: non vivere.
Il Viandante sul mare di nebbia ci mostra che le emozioni di ciascun essere umano sono condizione dell’intera umanità, che siamo tutti uguali davanti alle scelte e che è nostra responsabilità l’azione consapevole.
Tratto da Sublimista.it
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